Top
a

Io Calabria Magazine

  /  Cultura   /  Rosa Vespa: dall’ossessione di diventare madre al business della maternità medicalmente assistita, cosa ci racconta questo fatto di cronaca rispetto all’idea di genitorialità che abbiamo costruito?

Rosa Vespa: dall’ossessione di diventare madre al business della maternità medicalmente assistita, cosa ci racconta questo fatto di cronaca rispetto all’idea di genitorialità che abbiamo costruito?

D ella neonata di un giorno rapita in una clinica a Cosenza e poi ritrovata sappiamo tutto o quasi, ma cosa ci sfugge?

Il termine “alienazione”, nel vocabolario Treccani, viene definito nel seguente modo: “in un’accezione […] corrente […], lo stato di estraniazione, di smarrimento dell’uomo che, nell’odierna società e civiltà tecnologica, e nell’organizzazione dei ritmi della vita, si sente ridotto a oggetto, e pertanto colpito nella propria identità e strappato alla propria autenticità” è possibile che questo sia lo stato attuale di Rosa Vespa, la donna accusata di rapimento e sequestro di una neonata, e di tutta la società in cui viviamo?

<<Di certo, i parenti della coppia finita in carcere erano “del tutto estranei” all’accaduto. A loro, sembra che Rosa avesse detto che era andata da sola a partorire in clinica perché ci sarebbero stati dei casi di Covid e di conseguenza restrizioni circa la possibilità di ricevere visite da parte dei familiari” riferisce in varie interviste l’ispettore della Squadra mobile di Cosenza Claudio Sole>> c’è da chiedersi quindi come sia possibile che una donna di oltre cinquant’anni abbia potuto inscenare una gravidanza fisiologica o meno senza destare sospetti. Cartelle cliniche esami di routine, malesseri e fatiche mai condivise? Ecografie tenute nel cassetto insieme al corredino? Com’è possibile che il nucleo familiare stretto e amicale non abbiamo condiviso fisicamente questa gravidanza e non si sia accorta di un profilo personale così instabile, manicale, ossessivo? È possibile quindi che non solo Rosa Vespa ma tutte le persone convolte, siano immerse in una profonda alienazione sociale che induce le persone a non accorgersi di quello che accade intorno a loro? È possibile che in questo momento storico la società tutta viva una profonda ondata di individualismo, che ha diseducato le persone alle relazioni in generale? Che non sia più interessata a leggere anche tra le riga le complessità o le banalità del genere umano? Soprattutto è possibile che si sappia così poco anche della fisiologia umana?

 

Diventare madre a tutti i costi: un sogno divenuto business

 

L’ossessione di diventare madre a tutti i costi, porta molte donne ad estraniarsi dagli altri e da se stesse, certo non sempre si traduce in atti estremi verso i figli altrui, ma non di poco conto è quanto portino la propria persona verso un punto di non ritorno fisico e psicologico.
Ad esasperare questo senso di colpa per un corpo che non genera come dovrebbe è il nuovo business della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) che promette alle donne (soprattutto quelle che hanno passato i quarant’anni) di sopperire alla biologia e magari a tutte quelle disfunzioni ambientali, relazionali, fisiche e psicologiche, che non permettono di concepire.

Sì perché sono sempre di più le coppie che ricorrono alla Procreazione Medicalmente Assistita per avere un figlio; infatti un bambino su 3 nasce grazie alla PMA se la sua mamma ha più di quarant’anni e lui è il primogenito. È quanto evidenzia a Fanpage.it il Professor Daniele Vignoli, docente di Demografia presso l’Università di Firenze e quello che rileva pure l’Istituto superiore di sanità: nel periodo 2005-2022, rileva l’Istituto superiore di sanità, l’attività di Pma è aumentata di quasi 2 volte, dai 63.585 trattamenti del 2005 ai 109.755 del 2022, e la percentuale di bambini nati vivi sulla popolazione generale che nel 2005 era dell’1,22% nel 2022 è arrivata al 4,25%.

 

Ma cosa succede quando neanche la PMA riesce a mantenere la promessa di impiantare una nuova vita?

 

Dopo l’ennesimo tentativo fallito, quando il corpo è devastato da farmaci, ormoni, prelievi, tenuto costretto in una modalità non fisiologica e la mente e il cuore non conoscono altre preghiere, cosa accade nella psiche di una donna? E di chi gli sta intorno? Chi raccoglie i pezzi? Soprattutto siamo in grado di aiutare – in quanto società – una donna a pensarsi genitore in modo diverso? O è più importante essere madre che genitore di figli altrui?
Il dibattitto pubblico sulla maternità, che sia surrogata o meno è irrilevante, non sposta mai il centro su cosa sia la genitorialità oltre la biologia o la medicina avanzata. Non ha narrazioni su cosa voglia dire prendersi cura e carico di un altro essere umano, sulle mille sfumature positive e negative e su quanto questo porti a decostruire totalmente la propria vita. Non parla di affidi, adozioni, bambini malati, difficili, antipatici o sensibili. Non racconta dei centri in Italia e dell’associazioni che si occupano di affidi familiari, non agevola le adozioni e non crea un welfare che ci metta in contatto e in relazione con una genitorialità collettiva. Ci racconta invece una genitorialità individualistica, di una mamma e di un papà, di un bambino o bambina che porta gioia e amore nella vita di due persone. Una bella gravidanza, feste, auguri e attenzioni.

E poi la magia del primo anno e poi le prime esperienze fino poi a scomparire, inglobati in un sistema che non può più permettersi bambini lenti, down, adolescenti con problematiche psichiatriche, relazionali, sociali. L’importante è non pensarsi sterili e non perdersi la magia della procreazione. Poi la genitorialità come tema e costrutto sociale e politico e un’altra cosa.

 

Una mamma non vale l’altra: ondata di odio virtuale e istituzionale per Rosa Vespa e Aqua Moses

 

Certo Rosa Vespa tecnicamente non è una madre, ma una donna con un materno fantasma e deviato sì. È vero ha commesso un gesto terribile, da attenzionare e punire con le giuste pene (e cure), ma perché proviamo tutto questo odio verso una donna che comunque non voleva fare del male alla bambina rubata, ma solo farla sua, inscenare una favola propria con un lieto fine? Sarà questo che ci fa più orrore di una donna con una problematica psichiatrica? Una donna che ruba ad un’altra donna il frutto del suo concepimento. La supremazia intoccabile di chi ci è riuscito e chi no? Cosa ci fa così paura e orrore da non poter provare commiserazione anche per Rosa Vespa oltre che per una madre che si è vista rubare la propria figlia?
Comprensione, analisi della situazione, non vogliono giustificare quanto accaduto, solo evidenziare quanto sia complesso ad esempio prendersi carico e cura di chi non sta bene, di chi ha una fragilità psichiatrica ed emotiva. Di quanto questo odio rende alienati socialmente e politicamente – ancora una volta – tutti quanti, distogliendo l’attenzione da un sistema medico, sociale, culturale che non cura ma alimenta solo mostruosità e solitudine.

Giornalista ed imprenditrice, esperta in tematiche riguardanti gli stereotipi di genere nella medicina. Titolare del centro Io Calabria e Direttrice di Io Calabria Magazine