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Quali sono le fasi finali del travaglio? Dalla comparsa delle spinte spontanee alla fuoriuscita del bambino, all’ espulsione della placenta e ripristino della contrattilità uterina

N egli articoli precedenti abbiamo parlato delle 4 fasi del travaglio,  importante sapere quale siano e come viverle al meglio. Avere accanto una persona qualificata come l’ostetrica facilita questo momento e lo naturalizza nel miglior modo possibile. Il percorso di una gestante verso il parto abbiamo detto si articola in 4 ben distinte fasi, che vanno dalla preparazione al travaglio, la nascita del bambino e l’espulsione della placenta.

Nella fisiologia umana il travaglio inizia spontaneamente fra 37 e 41 settimane dopo l’ultima mestruazione; la maggioranza delle nascite avviene fra 40 e 41 settimane. Aspettare l’inizio spontaneo del travaglio è un grande vantaggio per la mamma e il bambino, ed è associato a minori complicanze del parto e a minore probabilità di avere un taglio.

In questo articolo parleremo della fase espulsiva e dell’espulsione della placenta (il secondamento)

 

Fasi del travaglio

 

Il travaglio si suddivide in quattro fasi, importanti da conoscere per comprendere e gestire il tutto al meglio.

  1. Periodo prodromico o prodromi di travaglio: Riguarda tutta la trasformazione del collo dell’utero (rammollimento, accorciamento e dilatazione fino a 4 cm) che precede la fase dilatante.
  2. Fase dilatante o primo stadio: Dai 4 cm di dilatazione alla dilatazione completa di 10 cm.
  3. Fase espulsiva o secondo stadio: Dalla comparsa delle spinte spontanee alla fuoriuscita del bambino.
  4. Secondamento o terzo stadio: Espulsione della placenta e ripristino della contrattilità uterina.

 

Dolori del travaglio e fase dilatante

 

Una volta raggiunti i 4 cm di dilatazione, di solito i futuri genitori vengono ammessi in sala travaglio e affidati alle cure di un’ostetrica che ha il compito di sostenere, incoraggiare e controllare l’evoluzione del processo. Per contrastare il dolore, quando necessario, si possono utilizzare metodi naturali diversi e complementari, e senza controindicazioni, oppure farmaci (parto in analgesia). Ogni donna ha diritto a scegliere le varie opzioni, senza alcuna influenza. Il travaglio è anche pausa, non è solo dolore (è dolore/pausa, dolore/pausa). La natura aiuta producendo l’antidoto al dolore (le endorfine invadono il corpo materno). Raggiunta la dilatazione completa si assiste in genere a uno spontaneo rallentamento dell’attività contrattile, un benefico periodo di riposo in cui la mamma si ricarica e il suo utero si prepara alle poderose contrazioni necessarie all’espulsione del nascituro: la cosiddetta “fase latente”, che è indispensabile rispettare per garantire spinte più efficaci successivamente.

 

Spinte spontanee e fase espulsiva

 

«Saprò spingere?». È questa una delle più frequenti ansie delle donne relative al parto. La spinta è spontanea, un riflesso automatico, in genere non doloroso, dovuto alla pressione della testa del bambino sui muscoli del perineo. Semplicemente bisogna assecondarla, ed è così potente che talvolta le donne non se lo aspettano, e può fare quasi paura.
Ma di cosa hanno bisogno le donne durante il periodo espulsivo? Hanno bisogno di calma, rassicurazioni, sostegno fisico ed emotivo, e incoraggiamento ad ascoltare il segnale del bambino. Hanno bisogno di bere e di una quota di zuccheri per compensare la fatica. No, quindi, nel modo più assoluto, a spinte guidate dall’esterno; no a trattenere l’aria, no a spinte lunghissime, e soprattutto no a spinte in posizione litotomica (sdraiate sulla schiena) e a spinte sulla pancia. Le spinte sono molto più efficaci in posizione libera. Serviranno molte spinte per far uscire completamente la testa, poi, alla contrazione successiva, sarà il turno delle spalle, e in seguito di tutto il corpo del bambino.

 

Espulsione della placenta: il secondamento

 

Se non c’è perdita di sangue importante si deve aspettare (senza fare manovre né trazioni del cordone ombelicale) che la placenta si distacchi e una poderosa contrazione la faccia uscire. L’unico intervento farmacologico raccomandato per la mamma, nel travaglio fisiologico, è un’iniezione di ossitocina dopo la fuoriuscita delle spalle del bambino, per favorire questo passaggio delicato e proteggerla dall’emorragia.

 

 

Il mio nome è Maria Rita Genovese e sono un’ostetrica. Dopo aver concluso gli studi universitari, ho intrapreso l’attività portando le mie competenze sul territorio, frequentando un Master di primo livello in Ostetricia di Comunità. Da anni mi occupo di accompagnare e seguire le donne che si accingono a intraprendere una gravidanza con consulenze, corsi di accompagnamento alla nascita personalizzati, assistenza al travaglio, post partum e puerperio, fornendo loro sostegno e protezione e attivando interventi di promozione dell’allattamento al seno, il tutto senza tralasciare l’importanza dell’attività fisica svolta in acqua e in palestra, con corsi rivolti sia alle mamme che ai bebè. Accompagno le donne nell’importante percorso di prevenzione della loro salute, mi occupo del trattamento delle principali patologie della sfera genitale femminile. Sono esperta in riabilitazione e rieducazione del pavimento pelvico, con particolare focus sulla sfera della gravidanza-età fertile-adulta.