Consigli di lettura per dire: “mi penso, mi racconto, dunque sono”
Io consiglio sei libri con relativo manuale d’istruzione per smontare costrutti tossici, patriarcali e grassofobici e provare ad avere uno sguardo più consapevole su ciò che ci circonda. Di questi sei libri lascerò parlare le autrici e gli autori, trascrivendo un piccolo estratto, per rileggere insieme quello che mi ha permesso di riflettere su determinate tematiche, ma senza sovrapporre con invadenza il mio pensiero e lasciare che altre considerazioni trovino spazi nuovi.
Buona lettura.
“Quando li vedo camminare a passo lento, come se ancora stessero attraversando la navata centrale della chiesa, mi domando quante donne stiano in questo momento ripetendo quegli stessi gesti nella propria testa, quante alla fine della giornata, torneranno a sfogliare pagine di vecchi album sgualciti accanto a un uomo che aveva promesso loro tutto a patto che tutto loro gli rendessero. Il godimento delle donne anziane nel vedere due giovani sposi è un sentimento perverso. Sotto uno strato di genuina felicità per ciò che si crede sempre amore, giace la soddisfazione di vedere compiuta ancora una volta la stessa formula della loro storia. La ripetizione dei gesti, l’inserimento della nuova coppia in un posto ben preciso e identificabile, lei che si prenderà del tempo dal lavoro per badare ai bambini, i bambini che verranno sempre prima, il segno del caffè intorno ai fornelli, il graffio sul parquet, la chiamata al tappezziere per rimuovere lo smog dalle tende del balcone. Vite come versi formulari di cui cambiano i dettagli ma non la sostanza. Così sorridono le donne anziane al passaggio dei novelli sposi, pensano che tutto sommato il mondo va come è sempre andato e loro hanno fatto il proprio dovere affinché continuasse. Da queste parti i matrimoni – proprio come i battesimi, le comunioni o i funerali – si fanno per gli occhi degli altri. Il peggiore oltraggio che una coppia possa fare è quello di pensare a una cerimonia intima, per pochi. Nella città di provincia tutti devono vedere, tutti devono mangiare fino a stare male, perché si dica che le famiglie non hanno risparmiato su niente, mentre i piatti di pesce all’acqua pazza ritornano intatti dai tavoli del ristorante. Si dirà che il menù era bellissimo, così ricco che è stato impossibile per chiunque arrivare alla fine.”
Ragazze perbene – Olga Campofreda – edito da NNE
Di cosa parla questo libro?
Nelle città di provincia le ragazze perbene si assomigliano tutte. Per sottrarsi a un futuro già raccontato, Clara si trasferisce a Londra, dove insegna italiano a ricchi expat e si trova intrappolata nel vortice degli incontri online. Ma il matrimonio della bellissima cugina Rossella, inseparabile compagna d’infanzia diventata poi modella di abiti da sposa, la richiama a Caserta. Clara si trova così ancora immersa nel mondo da cui è fuggita: all’addio al nubilato della cugina rivede le vecchie compagne di scuola, e nei giorni successivi incontra Luca, lo sposo, con cui aveva stretto in passato un’amicizia clandestina. All’improvviso, però, Rossella scompare senza lasciare traccia. E Clara, convinta che la cugina nasconda qualcosa, scopre nel suo diario un segreto impossibile da confidare, che minaccia il futuro radioso che Rossella ha sempre incarnato. Olga Campofreda toglie il velo sulle seconde vite e i desideri nascosti delle ragazze perbene, i cui destini sono specchio di una femminilità che parla di sacrifici e rinunce, di principi azzurri e segreti, di infelicità che si tramandano nel tempo, di madre in figlia. E racconta la storia di una ragazza che si ribella a sogni e consuetudini già logore, per inventare una strada nuova, tutta sua, da costruire con consapevolezza giorno dopo giorno. Questo libro è per chi si perde a immaginare le storie dei personaggi ritratti nei quadri, per chi ha passato lunghi pomeriggi ad ascoltare Baby one more time sul walkman, per chi ha scoperto il piacere tra le mani di un estraneo, e per i fiori veri che sbocciano nelle città di plastica, semplici e fragilissimi, e per questo meravigliosi.
“Eravamo nove giovani donne con un lavoro stagionale in montagna o nove giovani donne messe al sicuro sul versante più riparato della montagna o nove giovani donne che vedevano le proprie mani messe all’opera, le vedevamo sollevare fino al volto tessuti rinforzarti soltanto per poi farli ricadere a terra, le vedevano versare vino forte da grosse caraffe, come mani di una statua, infilate dritte nella terra arida, come per saziarla. Venivamo da posti diversi, ma avevamo la stessa età e gli stessi pensieri. Nessuna di noi voleva fare la domestica e nessuna voleva diventare moglie. Eravamo state spedite lì per guadagnarci il pane, per diventare parte della società.”
Strega – Johanne Lykke Holm – edito da NNE
Di cosa parla questo libro?
Rafaela ha diciannove anni quando raggiunge la città di Strega, sulle Alpi, per lavorare all’hotel Olympic come cameriera. I giorni sono scanditi da una ferrea routine dettata da Rex, Toni e Costas, le tre istitutrici, che insegnano a Rafaela e alle altre ragazze a lavare, cucinare e preparare le camere. Ma gli ospiti tardano ad arrivare, e l’albergo rimane vuoto. Nell’attesa, le ragazze si prendono cura l’una dell’altra mentre camminano nel bosco, fumano di nascosto e ammirano le montagne, ma nel loro addestramento si insinuano regole sempre più rigide che condizionano gesti, comportamenti e desideri. Rafa e le altre cominciano a sentirsi un solo corpo, ad avere tutte gli stessi incubi. Finché l’arrivo dei primi ospiti fa precipitare gli eventi: Cassie, una delle ragazze, scompare e l’atmosfera a Strega diventa sempre più inquietante per Rafa, che insieme all’amata Alba inizia a meditare la fuga. Strega è una moderna fiaba gotica, un’inquietante allegoria della cultura patriarcale, fatta di riti e sacrifici tramandati da una generazione all’altra. Con una scrittura suggestiva e sensuale, Johanne Lykke Holm racconta della violenza che si insinua nella vita delle giovani donne, e del coraggio necessario per spezzare quella catena di sottomissione e ritrovare la libertà. Questo libro è per chi quando osserva la luna ha voglia di assaggiarla, per chi ha sognato di liberare le ancelle da Gilead, per chi si siede sempre in bilico sul davanzale della finestra, e per chi ha trovato la forza di liberarsi delle aspettative degli altri, trasformando la propria vita in una foto in bianco e nero che lentamente prende colore.
Cosa hanno in comune questi due libri? Raccontano con stili diversi la cultura patriarcale, che si nutre di sacrifici e rituali che viaggiano nei secoli e conservano sempre la loro carica distruttiva.
“Nei primi giorni in Olanda mi vestivo ancora come in Italia: magliette scollate, gonne anche corte. Quando passavo nel corridoio centrale dell’ufficio però sentivo che qualcosa non andava. Mi guardavo in giro e nessuna era vestita come me, nessuna doveva o voleva attirare l’attenzione, erano tutte in jeans e maglietta, poco trucco. Il sistema patriarcale non aveva insegnato loro a usare la seduzione come fosse uno strumento di lavoro. Per me non è mai stato un problema. In Italia avevo iniziato presto a capire che a una giornalista piacente un’intervista si concede più volentieri. Lavorando tanto tra i maschi avevo assorbito le dinamiche e intercettato i processi mentali da perfetta ancella del patriarcato. Processi piuttosto semplici, per la verità. Alle battute a sfondo sessuale avevo imparato a rispondere da camionista, un po’ come quando in seconda media facevo autoironia sul mio peso di fronte ai bulli. Se ti prendi in giro sola, li lasci a bocca asciutta, se al lavoro sei più uoma di loro li lasci a bocca asciutta. Era un metodo rozzo per farsi rispettare, per sopravvivere. La sessualità che trapela in ogni ambiente, i sorrisini alle conferenze delle forze dell’ordine, le battutacce tra i politici. Ma ci convivi, ti fai crescere la buccia e vai. Qui invece la sessualità è una cosa seria, libera, rispettata. Non è un gioco. Non è un do ut des. Ero stata abituata a lavorare con la seduzione e meno con il talento, perché tanto al tavolo dei capi alle cene aziendali sedevano le belle e mai le brave. In Olanda nessuno mi ha mai chiesto di cambiare ma sono cambiata e quando voglio mettere le gonne lo faccio per me. Le allusioni non le mai tirate fuori dalla valigia.”
Il peso in avanti – Lara Lago – edito da People
Di cosa parla questo libro?
Un licenziamento in Italia e un trasferimento ad Amsterdam, senza esserci andata nemmeno mai in vacanza. Lara è una giornalista che in Olanda si avvicina per la prima volta al lavoro in inglese, in un ufficio cosmopolita. Tutto diventa un’avventura inaspettata, con una malinconia di fondo mista a incredulità. Scopre la città attraverso le persone che la abitano, ma tra i tanti incontri ce n’è uno particolarmente inaspettato e prezioso: quello con una nuova percezione di sé. Che giro bisogna fare per liberare il proprio corpo dalle costrizioni della società? «Io peso le volte che ho ricominciato. Peso le porte in faccia e le scelte per trovarne e aprirne di altre. Peso i viaggi che ho fatto, i sei mesi vissuti a Tirana. Peso l’amore per tutte le persone a cui voglio e che mi vogliono bene quando magari ce lo diciamo davanti a una pizza. Peso l’essermi fatta da sola, col sorriso, ogni giorno. Peso il privilegio gigante di averlo potuto fare.»
Questo libro parla di grassofobia: “Sei davvero carina, certo, dimagrissi un po’ saresti ancora più bella”, oppure “Hai davvero un bel viso. Peccato però per questi chili in più”. Queste sono solo alcune delle frasi infelici che le persone grasse si sentono dire da più o meno tutta la vita. Letteralmente la definizione di grassofobia, o fat shaming, è la paura e il disprezzo verso le persone grasse che si manifesta a più livelli: dai commenti – non richiesti – offensivi e spesso pungenti e fuori luogo, a vere e proprie discriminazioni sul piano sociale, che portano a una penalizzazione ed esclusione dei soggetti in sovrappeso. Attraverso il racconto del rapporto con il suo corpo, Lara Lago narra la sua vita e i cambiamenti che l’hanno attraversata. “Il peso in avanti” è un libro che aiuta a riflettere sulla diet culture, sul desiderio di magrezza a tutti i costi, sul sessismo e sulle discriminazioni che le persone grasse vivono costante anche in ambiente lavorativo.
“Non mi ero mai interrogata sulla questione del piacere femminile, il poco che conoscevo riguardava il piacere maschile. Più volte mi era capitato di ascoltare le conversazioni dei miei compagni di classi sulle presunte seghe che si facevano tutti assieme negli spogliatoi del calcetto. Il piacere maschile mi erapiù chiaro perché era vantato, esibito, prioritario. Lo capivo. Il piacere femminile, al contrario, era invisibile, non indispensabile, accessorio. Sapevo poche cose del sesso ma mi era chiaro che l’importante era compiacere il partner a qualunque costo, anche se ciò significava provare dolore, non divertirsi o semplicemente sentirsi a disagio. Sul compiacere gli altri ero allenata. Fin da piccola mi avevano insegnato a essere gentile, parlare con calma, non alzare la voce, essere tranquilla, masticare con la bocca chiusa, essere contenuta nei modi e chiudere le gambe. Nel sesso vigevano le stesse regole, con l’eccezione di aprire le gambe; non dovevo fare altro che mettere in pratica l’educazione ricevuta, fare copia e incolla: insomma, essere docile, tranquilla e accondiscendente.”
Giulia Zollino – Scopriti. Perché le battaglie femministe iniziano tutte dal corpo – edito da Mondadori
Di cosa parla questo libro?
ll corpo femminile è da sempre un crocevia di battaglie e rivendicazioni. Fin da piccole, alle donne viene chiesto di aderire a certi standard di bellezza, che presuppongono un corpo magro, depilato e perennemente giovane. Si insegna loro a dire sempre «sì», a essere accoglienti, accondiscendenti, accudenti, specie nei confronti dei maschi. E poi a stare composte, coperte, a non occupare spazio e a non alzare la voce. Giulia Zollino ha vissuto questa educazione – o, sarebbe meglio dire, diseducazione – sulla propria pelle. La sua infanzia e adolescenza sono trascorse all’insegna dell’inadeguatezza e della colpa, il corpo le appariva come un oggetto distante da modificare o mortificare, e l’amore, sperimentato anche attraverso una relazione problematica, era solo gelosia e oggettivazione. Poi, però, ha incontrato il femminismo. E successo a Bologna, durante gli anni burrascosi dell’università, tra gruppi di discussione, letture e orgasmi. Ed è stato amore a prima vista. Questo incontro ha segnato uno spartiacque tra un prima e un dopo, da qui è partito il suo percorso di ribellione e riscoperta di sé. Il femminismo le ha insegnato a distruggere i miti nocivi, come quello della bellezza, permettendole di accettare e riappropriarsi del suo corpo. Le ha permesso poi di riconciliarsi con il suo desiderio, rivelando come il piacere, proprio e altrui, se consensuale, possa essere libero e svincolato da una visione sessista dei ruoli. Ma soprattutto, grazie al femminismo, è riuscita a disfarsi della mentalità patriarcale che la ingabbiava e rendeva infelice e a ricostruire un nuovo modo di essere, esistere, amare. In questo libro, intimo e appassionato, ripercorre il suo vissuto personale trasformandolo in universale. E, toccando i temi fondamentali della filosofia femminista, delinea una storia di emancipazione che parla a tutte e a tutti.
“Il perbenista di cui voglio parlare è quello che “di tutto si può parlare però senza estremismi perché i toni violenti sono condannabili da entrambe le parti”; quindi se le donne hanno dei problemi a livello sociale devono saperlo esprimere e non condannare tutti gli uomini indistintamente. Insomma, quell’uomo che chiama estremista tutto quello che è lontano da lui, che si ritiene al centro. L’aggettivo “estremista” è relativo – fa ridere, ma è così: giudichiamo ciò che è estremo da un “di fuori” che vorrebbe credersi oggettivo, ma nelle questioni sociali non c’è nulla di oggettivo e non esiste una posizione neutra, indifferente o inerte. Quello che appare violento o estremista per qualcuno, per altri – spesso altre – è semplicemente la possibilità di sopravvivere, o una modalità di espressione di quella possibilità. Eppure il nostro perbenista, spesso, forte della sua posizione mai troppo esposta da nessun punto di vista, si permette di criticare chi invece prende posizione – di solito donne attiviste per i diritti LGBTQIA+ o femministe; e proprio perché ritiene loro “all’estremo”, non controlla le sue esternazioni finendo con l’essere violento, oppressivo, giudicante, discriminante. Nessuno deve spaventarsi; quel comportamento verso una donna che prende una posizione politica forte non è speciale o particolare, è l’ennesima pic dick formulata in una versione più educata, più studiata e forse più civile – ma quello è. Come la foto dei propri genitali è un modo per esprimere un potere che fa credere al nostro perbenista di poter esprimere in quella maniera la sua opinione “con le migliori intenzioni” riguardo le opinioni, gli interessi o la gestione del proprio corpo che fa una donna. Infatti le sue eventuali scuse successive, delle quali nessuno discute la sincerità, sono pensate e costruite sulla stessa falsariga, dal medesimo condizionamento di superiorità personale che continua a esprimersi anche scusandosi per quanto detto e fatto. Le espressioni delle intenzioni sono anch’esse risultati di quelle intenzioni: se non ci si rende conto di questo, si assume quella falsa logica secondo la quale anche i dittatori hanno fatto cose buone. È un abuso di potere il pensare che le intenzioni possano contare qualcosa indipendentemente dalla loro espressione. Se quelle buone intenzioni le esprimo con un linguaggio o un comportamento violento, giudicante e abusante, ho commesso una violenza e un abuso. E le intenzioni avranno come risultato quello che c’è nelle loro espressioni. Ricordiamoci che il mansplaining discende da una presupposta superiorità sociale di un genere sugli altri, non da scarsa conoscenza del galateo comunicativo.”
Ci scalderemo al fuoco delle vostre code di paglia. Perché tanti uomini hanno paura dei femminismi – Lorenzo Gasparrini – edito da D Editore
Di cosa parla questo libro?
Nel raccontare e promuovere il pensiero filosofico femminista, Gasparrini ha imparato a riconoscere così bene gli argomenti e gli atteggiamenti dei suoi critici, detrattori e haters che potrebbe organizzarli in un catalogo; e l’ha fatto! Ci scalderemo al fuoco delle vostre code di paglia è una collezione di tipi umani ricorrenti, smontati uno per uno, mostrati in tutta la loro inconsistenza e debolezza dialettica. Un pamphlet infuocato per non porgere l’altra guancia ma ribattere colpo su colpo. «Non si può più dire niente», eppure, guarda caso, chi si lamenta non trova occasione per tacere! La libertà di parola è chiamata in causa a sproposito soprattutto da chi non ha voglia di assumersi la responsabilità delle parole che sceglie e non ha l’abitudine a confrontarsi con un contraddittorio. Lo stereotipo della femminista fanatica, aggressiva e polemica resiste, eppure le voci più pedanti, lagnose e insistenti sono proprio quelle di chi si ostina a non riconoscere i problemi di genere.
Ed infine un libro che consiglio a chi ha bisogno di ritrovare la propria voce narrante e trascriverla
Guarire con le parole – Rupi Kaur – edito da TRE60
Rupi Kaur, autrice del fenomeno letterario mondiale milk and honey, propone in questo libro una raccolta di esercizi di scrittura ideati e guidati da lei stessa per ispirare creatività e guarigione. Questi esercizi aiuteranno a esplorare traumi di natura psicologica, emotiva o sentimentale, e a guarire, attingendo al proprio mondo interiore. «L’idea di questo libro mi è venuta, alcuni anni fa, mentre tenevo laboratori di scrittura. Era un periodo carico d’angoscia e d’incertezza, e avevo un forte desiderio di connettermi con altre persone, perché in fin dei conti non abbiamo altro che il nostro prossimo come punto di riferimento. Quei laboratori mi hanno fatto capire che per molti di noi non è così facile ritagliarsi dieci minuti per scrivere. Quando ho invitato i miei lettori a condividere le loro opere, sono rimasta ammutolita davanti alla loro creatività. Non c’era una sola persona le cui parole non mi lasciassero di stucco. E stato pazzesco vedere cosa riuscivano a inventarsi in un esercizio di scrittura di dieci minuti. Spero che tu, tramite questi esercizi, abbia modo d’imparare qualcosa di te, e farti un’idea del potere di cui sei in possesso. Mi auguro che questo libro diventi per te uno spazio per riflettere, elaborare e crescere. Le nostre voci sono potentissime. Spero che tu ti renda conto di quant’è forte la tua» (Rupi Kaur).