Aprile: Mese per la Consapevolezza del Parto Cesareo
prile è il mese della Consapevolezza del taglio cesareo (iniziativa di ICAN – International Cesarean Awareness Network) ovvero un momento in cui la cura, la prevenzione e il trattamento di questa cicatrice può essere particolarmente preso in cura.
Erroneamente si attribuisce da sempre il termine cesareo all’origine dal cognomen di Giulio Cesare. Alcuni etimologisti antichi derivavano questo appellativo dal verbo latino caedo, tagliare, e durante tutta l’antichità il taglio del ventre si praticava sulla madre morta, per salvare il nascituro. Una pratica che, nel tempo, ha mantenuto una certa percentuale di negatività seppur per aspetti assolutamente diversi.
È innegabile che i progressi della chirurgia, dell’anestesia, la migliore qualità della medicina, della sicurezza e l’abbassamento dei costi hanno contribuito a che il taglio cesareo venisse idealizzato dalle pazienti come un modo rapido, indolore e sicuro di avere i loro bambini, senza dover passare attraverso il lungo, doloroso e incerto parto vaginale. Perché il parto oggi è visto così da molte donne: un evento rischioso e che provoca dolore, e quindi meglio l’intervento chirurgico. Abbiamo spostato l’asse dell’assistenza dall’ostetrica al ginecologo con una forte medicalizzazione della nascita, che in teoria dovrebbe essere la cosa più naturale del mondo.
Taglio cesareo: se ne abusa?
La percentuale dei parti con taglio cesareo aumenta pian piano di anno in anno in tutta Europa, l’Italia, al 14° posto, vede una crescita dal 31,12% del 2020 al 32,8% del 2022.
Ma alla spiegazione di questo aumento di tagli cesarei che dura da anni e non accenna a scendere occorre aggiungere anche interessi economici, distorsioni culturali, mancanza d’informazione e di formazione, non-risposte politiche e un’eccessiva medicalizzazione che ha invaso le Sale Parto.
Nonostante la facilità con cui viene somministrato alla partoriente, il decorso postoperatorio (salvo eventuali problematiche sorte per la salute donna) è via via diminuito riducendosi a un paio di giorni e, in determinati casi, fin quasi a scomparire.
Inoltre, il trattamento del tessuto cicatriziale sia esterno (vista l’incisione addominale praticata sulla parete addominale immediatamente sopra il pube) che interno (vista l’incisione uterina solitamente orizzontale e praticata nella parte bassa dell’utero) è una prassi quasi sconosciuta e spesso stigmatizzata. Esistono, di fatti, percorsi di riabilitazione mirati per qualsivoglia operazione chirurgica; eppure, in ambito di Organi Riproduttivi Femminili la situazione rimane controversa.
Per non parlare delle cicatrici dovute all’episiotomia che interessano il perineo, coinvolgendo più strati della vagina compreso il muscolo e destabilizzandolo, sia in termini di contenimento che in termini di ripresa dell’intimità.
Il decorso e il percorso della cura.
Il parto cesareo, quindi, è l’unico intervento chirurgico che non ha un percorso successivo di riabilitazione post operatoria e per cui non viene normalizzato un trattamento delle cicatrici.
Da un punto di vista meccanico una cicatrice, quando presenta aderenze, può essere associata a delle graffette metalliche ,che immaginando di doverci muovere, si comporterebbero come dei tiranti che limitano i nostri movimenti.
Allo stesso tempo queste graffette potrebbero invece pinzare tra loro dei piani di scivolamento dove sia particolarmente significativo lo scorrimento di fluidi corporei o dove siano alloggiati dei vasi: in tal modo, oltre al movimento, la cicatrice potrebbe influenzare anche la circolazione sanguigna o linfatica. Nei casi più gravi, queste aderenze possono necessitare di intervento chirurgico, ma spesso, nelle forme più lievi, laddove l’alterazione non porta a sintomi immediatamente significativi, l’effetto del taglio cesareo viene trascurato.
A distanza di tempo, possono comparire nella mamma dolori addominali o dolori alla schiena con segni di instabilità lombo-pelvica magari (non dobbiamo dimenticare l’importanza in tal senso delle fasce muscolari addominali e del muscolo trasverso che vengono sezionate durante l’intervento), disturbi di pesantezza al basso ventre, sanguinamenti durante i rapporti.
Per chi si occupa di terapia manipolativa, si è visto che la mobilizzazione e la manipolazione precoce delle aderenze a livello dell’addome (in particolare delle fasce peritoneali) possono prevenire l’instaurarsi di queste aderenze. Attraverso queste tecniche manuali è possibile infatti intercettare le cicatrici che potrebbero interferire negativamente nella postura nel movimento e ridurre il loro impatto a livello corporeo.
Concettualmente il trattamento della cicatrice aiuta a sanare la ferita, promuovendone la guarigione fisica e prevenendo disturbi e complicanze, quali dolorabilità, cheloidi.
Inoltre rappresenta un percorso per integrare questa esperienza a livello emotivo, diventando uno strumento per liberare le energie trattenute all’interno, portare pace al trauma legato all’esperienza del parto e ritrovare nuovamente una sensibilità e un contatto con il tuo corpo, con le tue emozioni e con il bambino.
Quando si prende cura di una cicatrice si valutano diverse caratteristiche, come:
1) eventuali aspetti patologici generali (scala di Vancouver);
2) aspetti di aderenza e rigidità (adheremeter e palpazione manuale);
3) impatto della cicatrice a livello energetico.
E da qui, stabilire il percorso di cura perché anche le cicatrici ne hanno bisogno.
Fortunatamente esistono realtà forti sul territorio nazionale che oltre a lavorare instancabilmente su percorsi di Sensibilizzazione sulle cicatrici della nascita danno anche l’opportunità alle donne vittima di morte nell’utero di avvicinarsi tra loro e donare un trattamento o una valutazione sulle cicatrici ad un’altra donna.
Perché la prevenzione e la tutela della nostra salute passano anche dalla formazione perenne e continua del corpo sanitario e, in questo caso specifico, delle ostetriche.